"Questione morale all'Ars?| Come sparare sulla Croce rossa" - Live Sicilia

“Questione morale all’Ars?| Come sparare sulla Croce rossa”

A trent'anni dalla morte del segretario del partito comunista siciliano, parla il figlio, Franco La Torre (nella foto con Rosa Casanova, vedova di Rosario Di Salvo). Racconta di una classe politica che non riesce a rinnovarsi: "Tutti devono fare la loro parte. A cominciare da coloro che eleggiamo che devono dare il buon esempio”. E i deputati dell'Ars? "Non bisogna accanirsi con loro, sarebbe come sparare sulla Croce rossa"
L'intervista a Franco La Torre
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Franco La Torre stava andando a lavorare quella mattina del 30 aprile del 1982. Dirigeva una radio privata romana. “Arrivai intorno alle nove – ricorda -. Qualcuno stava parlando al telefono. Dall’altra parte della cornetta c’era il direttore di un’altra emittente. ‘Hanno ucciso Pio La Torre’, continuava a ripetere”. Pio La Torre era suo padre. Un padre che la mafia ha condannato a morte.

(Nella foto Franco La Torre e Rosa Casanova, vedova di Rosario Di Salvo)

La legge che porta le firme del segretario regionale del Partito comunista e di Virginio Rognoni ha rappresentato un colpo al cuore di Cosa nostra. E’ la numero 646 del 13 settembre 1982. Introdusse per la prima volta nel codice penale il reato di associazione di tipo mafioso e le misure di prevenzione patrimoniali. La Torre aveva capito che bisognava togliere ai boss le ricchezze in cui avevano sguazzato per anni. Quelle ricchezze che erano servite loro per costruire potere e consenso sociale. Pio La Torre e il suo assistente, Rosario Di Salvo, il 30 aprile di trentanni fa, caddero sotto i colpi dei killer in una stradina non lontano da Corso Calatafimi, a Palermo. La cupola mafiosa dei Michele Greco, Totò Riina, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Francesco Madonia e Pippo Calò si illuse di avere vinto. Si illuse, appunto. Perché la lezione del segretario regionale del Partito Comunista ha rivoluzionato il modo di indagare su Cosa nostra. E ha fatto scuola: “Certamente il suo esempio non è andato perduto – spiega il figlio – altrimenti non si sarebbero raggiunti certi risultati”.

Una lezione che va, però, aggiornata: “Servono sempre nuovi impulsi. Bisogna rinnovare gli strumenti di contrasto e le tecniche di indagine sui flussi finanziari. Irrobustire la legislazione contro la corruzione e il riciclaggio. Tornare a perseguire penalmente il reato di falso in bilancio. La criminalità mafiosa è viva e si evolve”. E strizza l’occhio alla politica, aggiungiamo noi. Incontriamo Franco La Torre nel giorno in cui il presidente dell’Ars Francesco Cascio organizza un incontro all’Assemblea regionale siciliana e nel discorso introduttivo dice che il modo migliore per ricordare Pio La Torre e’ distruggere “i perversi intrecci tra mafia, affari e politica”.

Quando si parla di politica il tono di Franco La Torre si anima. Punta il dito contro la categoria dei governanti. “Leggiamo gli atti del processo d’appello al senatore Marcello Dell’Utri e scopriamo che il nostro ex presidente del Consiglio ha pagato il pizzo alla mafia – incalza -. Eppure nessuno ritiene che bisogna scrivere un editoriale su questo tema. Anche i mezzi d’informazione dovrebbero essere più pronti ”. Franco La Torre non fa sconti al Cavaliere. Anche oggi che la sua figura sta diventando démodé. “L’opinione pubblica – spiega La Torre – dovrebbe essere informata. Penso ai giovani di Addipizzo, avrebbero tutti i motivi per dire ‘scusate se il presidente si è comportato così per vent’anni cosa volete che facciamo noi?’. Tutti devono fare la loro parte. A cominciare da coloro che eleggiamo che devono dare il buon esempio”.

Franco La Torre ha appena finito di assistere al convegno che la presidenza dell’Ars e il Centro studi guidato da Pietro Lo Monaco (porta il nome del segretario del Pci) hanno organizzato a Sala D’Ercole. Molti scranni sono rimasti vuoti. Ci hanno pensato i ragazzi delle scuole a riempirli. Di deputati, infatti, ne mancavano all’appello parecchi. Sala d’Ercole è il luogo dove si riunisce il parlamento siciliano. Un Parlamento che per un terzo è composto da onorevoli indagati. A cominciare dal governatore Raffaele Lombardo, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa. Chissà cosa avrebbe pensato sull’argomento Pio La Torre: “Non si sarebbe stupito. D’altronde quando mio padre era vivo i sindaci andavano a braccetto con i mafiosi. Certamente oggi avrebbe ulteriori elementi per dire che la mafia è un intreccio che coinvolge le classi dirigenti del nostro paese. Purtroppo non è una novità. Era così anche quando mia madre (Giuseppina Zacco La Torre, ndr) è stata parlamentare. La verità è che da trentanni abbiamo una classe politica, siciliana e nazionale, che non è in grado di rinnovarsi. Si è abbassato il livello di guardia. Non a caso Berlusconi ha pagato il pizzo”.

E i parlamentari siciliani indagati, l’hanno mai affrontata la questione morale? “Non ci accaniamo troppo contro i parlamentari siciliani”. La risposta, alla luce delle frasi finora pronunciate dal figlio di Pio La Torre, è sorprendente. La sorpresa dura giusto il tempo di riprendere fiato: “Si badi, non li voglio assolvere, ma sarebbe come sparare sulla croce rossa”.


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