Pd, gli ultimi giorni di Lupo - Live Sicilia

Pd, gli ultimi giorni di Lupo

Verso la sfiducia
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Lupo non fa il passo indietro. Così, i suoi “avversari” vanno avanti. Il Pd è a poche ore ormai dalla resa dei conti. L’assemblea di domenica deciderà se è il momento di cambiare. La sfiducia al segretario è pronta. “E si sarebbero aggiunte almeno un’altra decina di firme”, annunciano alcuni esponenti dell’area di “Innovazioni”. A queste, a dire il vero, potrebbero aggiungersi anche le richieste dei rappresentanti dell’assemblea che fanno capo a Mirello Crisafulli e quelli riferibili a Davide Faraone. Insomma, i numeri sembrano esserci. Il capolinea, per il segretario, sembra vicino.

“Ritengo legittimo che Lupo, – ha detto il capogruppo all’Ars Antonello Cracolici –  invece di fare un passo indietro, decida di sottoporsi al voto dell’assemblea. Quando hanno chiesto a me di dimettermi da capogruppo io non l’ho fatto, ma allora sapevo di poter contare sulla maggioranza. Oggi la situazione di Lupo mi pare diversa, fossi in lui ci penserei bene…”. Ci sono sempre quelle famose 188 firme, infatti, alle quali se ne starebbero aggiungendo altre: “Almeno una decina – precisa Totò Cardinale – tutti  esponenti del Pd siracusano. Auspico che Lupo comprenda che sottoporsi al voto dell’assemblea significherebbe soltanto esporre il partito ai rischi dell’ennesima lacerazione dolorosa”.

Stesso invito giunge dal senatore Nino Papania: “Si eviti la resa dei conti – dice – questo scontro durissimo che non farebbe del bene a nessuno. Lupo faccia un passo indietro, nell’interesse del partito”. Un partito spaccato ormai da mesi, come puntualizza Cracolici: “La mozione di sfiducia al segretario, l’ho detto cento volte,  – spiega – non  era e non è legata alle primarie: è il frutto di un giudizio su una direzione politica che ha reso il Pd incerto e confuso. Sulla candidatura di Rita Borsellino, – prosegue – come ho detto molte volte, potevo essere d’accordo a patto che fosse rientrata nel quadro di un progetto politico che il partito sta portando avanti, puntando alle alleanze larghe. Devo constatare, comunque, che non sono stato io – aggiunge Cracolici – a collegare l’esito delle primarie alla sfiducia: chi l’ha fatto, oggi convinto di potersi nascondere dietro una vittoria del 4 marzo che appariva possibile, ancor di più oggi dovrebbe trarne le conseguenze”.

Il riferimento, ovviamente, è allo stesso Lupo, che avrebbe puntato tutte le proprie fiches sulla vittoria delle primarie, per sventare il rischio della sfiducia. Ma adesso, sembrano non esserci più margini per un dialogo all’interno del partito. L’assemblea si deve fare: “Il Pd non è mica una bocciofila. C’è un’assemblea convocata – ribadisce Cracolici – e uno statuto che regola la vita democratica del Pd. Per non svolgere l’assemblea di domenica, occorre che venga meno la ragione per cui è stata convocata: ovvero, il segretario rassegni le dimissioni. È la prima volta – aggiunge – che firmo una mozione di sfiducia nel mio partito, e non è che lo faccia a cuor leggero. Ma questa decisione è il frutto di una rigorosa riflessione che non ha nulla di personale, la questione è politica”.

E su quella riflessione avrà pesato molto, ad esempio, la richiesta di referendum sul sostegno a Lombardo, inizialmente appoggiata dallo stesso Lupo: “Voglio sfatare un luogo comune. Se si parla di ‘filolombardiani’ – puntualizza però Cracolici – si deve fare riferimento all’intero Pd. Le scelte politiche del partito, infatti, sono il frutto delle decisioni prese a maggioranza dagli organismi dirigenti. Io sono un uomo di partito e le mie scelte sono legate a quelle del partito, alle quali mi sono sempre adeguato. Con Lombardo – precisa – non ho alcun particolare rapporto personale, tutto è stato, e resta, sul piano politico. Qualcuno in maniera meschina confonde il ruolo di leader del Pd all’Ars, che ho svolto con autorevolezza, con un rapporto preferenziale con il governo e il suo presidente”.

Ma a quanto sembra, la testa di Lupo verrà chiesta anche da un’area del Pd critica sul sostegno a Lombardo: quella di Mattarella e Crisafulli. Sarebbe pronta, infatti, una richiesta di dimissioni del segretario. Mentre ancora incerta è la decisione della frazione del partito che fa capo a Davide Faraone. Un gruppo di rappresentanti che, però, hanno già manifestato il proprio dissenso per la gestione del segretario regionale, attraverso una lettera inviata alcuni giorni fa al presidente dell’assemblea del Pd Enzo Napoli. E il motivo dello scontento, in questo caso, è legato alla gestione delle primarie “Fin dall’inizio e poi via via nello svolgimento delle primarie, – si legge nella lettera – massimi esponenti nazionali, regionali e provinciali hanno indicato, sostenuto e manifestato a favore di un candidato non iscritto al Pd malgrado la Direzione provinciale del partito, unico organo statutario legittimato ad esprimere una o più candidature, non ha mai votato su quale candidato del Pd esprimere e mai ha discusso e deliberato sul sostegno ad uno dei candidati in lizza.  Così, fin dall’inizio, quando ancora si parlava se fare o meno le primarie, con quali forze politiche organizzarle, quali alleanze costruire e, infine, quale candidato esprimere, si è fatta passare invece nell’opinione pubblica, naturalmente ripresa e amplificata dai mass media, – prosegue il documento – la scelta assunta dai vertici romani e regionali del partito che la ‘candidata’ del Pd fosse una e una soltanto a cui chiamare tutto il partito ad esprimere il proprio sostegno e sulla quale ricercare e far convergere il massimo consenso”.

Insomma, il casus belli è legato alla scelta di Rita Borsellino, al caso del presunto finanziamento del Pd, a quello della gestione del voto degli extracomunitari, alla scelta di Pierluigi Bersani di indicare pubblicamente la Borsellino come “candidata del partito”, contavvenendo così a un ruolo super partes.  “Stando così le cose – si conclude la lettera – non possono non trarsi tutte le conseguenze politiche che l’evidenza pone all’attenzione di tutti, manifestando il nostro libero convincimento nelle opportune sedi di partito, adottando quelle iniziative che saranno ritenute opportune a norma di Statuto, a partire dall’Assemblea regionale convocata per l’11 marzo”.

Anche Faraone, insomma, è pronto a chiedere le dimissioni di Lupo. Per il quale l’esperienza a capo della segreteria sembra davvero vicina al capolinea. E il futuro è indicato da Totò Cardinale: “Il Pd – spiega –  dovrà affidarsi al coordinamento di tre-cinque persone tra le più autorevoli, in grado di accompagnare il partito al prossimo congresso”. Tra questi coordinatori “non pensiamo – conclude Cardinale – debba esserci Lupo. Serve un segnale di discontinuità”. A due giorni dall’assemblea, sembra di essere già al day after.


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