Dove eravamo rimasti? - Live Sicilia

Dove eravamo rimasti?

Primarie 2012
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Bonagia. Un possibile paradiso è una discarica. Cielo azzurro. Spazi enormi. Munnizza per le strade. Puzza. In un cinema di periferia, Davide Faraone tiene un comizio rinnovato, probabilmente secondo i suggerimenti di Giorgio Gori, talento dell’immaginazione portato in dote dall’amicizia con Matteo Renzi. In via Guido Rossa, la sala è piena. Brevi discorsi, seguiti da spezzoni di film. Un racconto delle brutture di Palermo negli ultimi anni disperatissimi. Il tentativo di raggrumare particelle di speranza e non mosche intorno al cadavere della municipalità. Pure Fabrizio Ferrandelli ha capito che la gente non vuole più pacchi di pasta, ma una promessa, magari difficile, di resurrezione. Le sue parole giovanili, in appuntamenti e incontri affollatissimi, infuocano. Faraone domina il pubblico, con auricolare incorporato. La frequentazione con Gori ha fatto bene al giovane (anagraficamente, perché è in politica da una vita) candidato a sindaco, “eretico” dei democratici. L’eloquio è stringato e non fasticoso. L’alternanza degli spezzoni filmati funziona. Per il resto, basta davvero l’inesauribile narrazione dello sfascio di una città. Gli argomenti non scarseggiano.

La contraddizione? Se le primarie del centrosinistra tramonteranno come appare certissimo, anzi probabile, tutto questo entusiasmo non servirà al rottamatore locale. Una candidatura al primo turno sarebbe affare assai più complicato che non la sfida lanciata al centrodestra sull’onda di potenziali semifinali vittoriose. Faraone puntava sulle consultazioni della base. Se non ci saranno, la sua fatica elettorale risulterà sprecata. Fabrizio Ferrandelli – per analoghe motivazioni – sconta il medesimo dilemma. F&F, Faraone e Ferrandelli alleati nella richiesta perentoria di celebrazione delle primarie, l’unica via per arrivare dritti dritti nella competizione con qualche chanche.

Il centrosinistra palermitano è un mistero buffo. Nella sua perorazione il Davide pidino lo riconosce: “Potevamo calciare un rigore a porta vuota e ci siamo divisi”. Vero. Ma è anche colpa sua, con la responsabilità di una discesa in campo che ha frantumato una parvenza di concordia in un partito che usa la democrazia come codice da regolamento di conti. Da qui la beffa: il Pd si lacera su due che, in fondo, non fanno parte del suo pianeta in senso stretto. Il segretario Giuseppe Lupo difende a spada tratta Rita Borsellino e cerca di candidarla con l’appoggio di Roma. Il duo Cracolici-Lumia sostiene Ferrandelli, ex orlandiano che non era affatto tenero con i suoi nuovi alleati, prima di una recente simpatia sbocciata per calcolo tattico.

Poi, nella tragicommedia,  ci sono le anime belle del centrosinistra che hanno agito, nobilmente, con un risultato da sfasciacarrozze. Avebbero, forse, dovuto accettare la gara delle primarie anche con Ferrandelli, anche con l’ombra di un odiatissimo accordo luciferino con Raffaele Lombardo. Avrebbero dovuto trovare il coraggio di pesare la bontà presunta del proprio schema, accettando il guanto sul viso. Invece no. Le anime belle si sono ritirate in buon ordine per le consuete ragioni di principio. Le stesse che da secoli fanno opinione, “scruscio”,  ma non vincono mai.


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