Barcellona, colpo al cuore della cosca - Live Sicilia

Barcellona, colpo al cuore della cosca

di MANUELA MODICA Colpita al cuore la mafia barcellonese e lì dove più duole: 150 milioni di euro sottratti all’economia mafiosa del messinese. Un’operazione “storica”, così la definisce Leonida Primicerio, sostituo nazionale antimafia, che ringrazia tutte le forze di polizia , Dia e Ros, e la Dda di Messina, che hanno lavorato all’unisono per raggiungere un risultato senza precedenti.
Mafia, arresti e sequestri
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di MANUELA MODICA Colpita al cuore la mafia barcellonese e lì dove più duole: 150 milioni di euro sottratti all’economia mafiosa del messinese. Un’operazione “storica”, così la definisce Leonida Primicerio, sostituo nazionale antimafia, che ringrazia tutte le forze di polizia , Dia e Ros, e la Dda di Messina, che hanno lavorato all’unisono per raggiungere un risultato senza precedenti. Storica per la portata del patrimonio illecito aggredito, anche perchè al suo compimento hanno contribuito, per la prima volta nella storia della mafia barcellonese, due pentiti. Così la provincia “babba” scopre alle prime ore del mattino le dinamiche mafiose, il giro d’affari, le estorsioni e il controllo esercitato attraverso questo sugli appalti e i lavori pubblici che hanno riguardato la realizzazione del metanodotto, il raddoppio ferroviario della Messina-Palermo, lavori stradali ad Oliveri, per un periodo che va dal 2000 al 2009.

All’alba di oggi, infatti, i carabinieri del Ros, del Comando provinciale e la Dia di Messina hanno eseguito due provvedimenti cautelari personali e patrimoniali: 24 arresti e sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di circa 150 milioni di euro. I provvedimenti in questione sono scaturiti da due distinte ed articolate indagini condotte a carico degli esponenti della famiglia mafiosa, di Barcellona Pozzo di Gotto e delle sue diramazioni territoriali: la prima, “Gotha”, condotta dai carabinieri del ROS, unitamente a quelli del Comando Provinciale e da unità della Dia per l’applicazione della misura patrimoniale. La seconda, “Pozzo II”, condotta dai carabinieri del ROS, che hanno provveduto all’esecuzione degli arresti e dei sequestri. Provvedimenti che scaturiscono da una vasta indagine condotta nei confronti di Cosa Nostra messinese, che aveva già interessato in passato diverse realtà criminali della fascia tirrenica della provincia. Ma che oggi raggiunge un risultato nuovo in questa parte della Sicilia, grazie alla recente collaborazione – dalla quale ha avuto origine “Gotha” – con la giustizia dei due boss, Carmelo Bisognano e Santo Gullo. Ma anche quella di Teresa Ruscello, intestataria fittizia di una società riconducibile al Bisognano. Infine, Alfio Giuseppe Castro, attualmente imputato nell’ambito del processo “Vivaio”, ritenuto il referente mafioso per la provincia di Messina per conto di cosa nostra catanese.

Con la storica “svolta” di Bisognano, che si autodefinì ministro per i lavori pubblici della Sicilia orientale, gli investigatori hanno potuto ricostruire l’assetto organizzativo della famiglia mafiosa barcellonese: pare fossero riusciti ad “accaparrarsi l’aggiudicazione – scrivono gli investigatori – di importanti appalti pubblici, turbandone le relative procedure di gara ed alterando le regole della libera concorrenza attraverso un complesso sistema di imprese “controllate” da affiliati o da soggetti contigui al gruppo mafioso”. I primi riscontri investigativi si erano avuti lo scorso gennaio, quando fu individuato nelle zone collinari contigue al paese di Mazzarrà Sant’Andrea, un vero e proprio “cimitero di mafia”. Quattro corpi riportati alla luce, di cui due identificati con certezza, dal Ris di Messina. Si tratta di Antonino Ballarino, scomparso nel 1993, “il cui omicidio era maturato nell’ambito della guerra di mafia degli anni novanta all’interno del sodalizio barcellonese, provocata dalle spinte autonomiste di Giuseppe Chiofalo, e Natale Perdichizzi, ucciso nel 1997 a causa di contrasti interni allo stesso gruppo criminale”. Quando la “realtà combacia con la fiction”, ha commentato il procuratore capo di Messina Guido Lo Forte, – Lui a coordinare l’attività della DDA, dei sostituti procuratori Angelo Cavallo, Fabio D’Anna, Vito Di Giorgio e Giuseppe Verzera.

“Al Bisognano era stata raccontata – ha continuato Lo Forte – la dinamica dell’omicidio poi del tutto riscontrata dalle indagini del Ris”. Come nei più classici film di mafia, infatti, una delle vittime era stata prelevata in casa dal suo migliore amico, per poi essere giustiziato nella fossa collinare dove sarebbe stato ritrovato 20anni dopo. La vittima fu colpita alla testa dall’alto, così che il proiettile riuscì a penetrare nel cranio ed uscirne immediatamente colpendo nel calcagno il complice, poi a sua volta giustiziato. Le autopsie del Ris hanno riscontrato in uno dei cadaveri ritrovati un foro in entrata e in uscita alla testa, e in un altro una ferita al calcagno. “A riprova – ha specificato Lo Forte – della credibilità dei nostri collaboratori”. Ma ad essere colpite oggi soprattutto le casse del tesoro della mafia tirrenica: La Dia. ha eseguito un provvedimento di sequestro preventivo di beni, emesso nei confronti si Giovanni Rao e Giuseppe Isgrò, “la cui presenza all’interno delle società CEP, ICEM, AGECOP e CCP, avevano consentito l’infiltrazione dell’importante indotto per la realizzazione del raddoppio ferroviario della tratta Messina – Patti”.

Analoghi provvedimenti sono stati inoltrati nei confronti di altri pregiudicati: Filippo Barresi, Salvatore Di Salvo ed Salvatore Ofria, tutti organici alla “cupola” barcellonese, come già documentato al maxi processo Mare Nostrum. Coinvolti dai provvedimenti anche Mario Aquilia, e Francesco Scirocco, che “oltre ad essersi prestati al – scrivono gli investigatori – sistema di turbative d’asta finalizzato al controllo mafioso degli appalti pubblici banditi nell’ultimo decennio in Sicilia, mediante sovrafatturazioni e contabilizzazione di operazioni inesistenti, hanno permesso di giustificare la movimentazione di ingenti somme di denaro corrisposte a titolo estorsivo”.

Le accuse a carico dei 30 indagati, a vario tiolo, sono: associazione di stampo mafioso, omicidi, estorsioni, porto e detenzione abusiva di armi, intestazione fittizia di beni e altri delitti. Questi i nomi:Mario Aquilia, Concetto Bucceri, Salvatore Calcò Labruzzo, Francesco Cambria, Zamir Dajcaj, Salvatore Di Salvo, Enrico Fumia, Carmelo Giambò, Giuseppe Isgrò, Giuseppe Roberto Mandanici, Nicola Munafò, Salvatore Ofria, Angelo Porcino, Giovanni Rao, Francesco Scirocco, Maurizio Trifirò, Tindaro Calabrese, Nicola Cannone, Francesco D’Amico, Carmelo Vito Foti, Francesco Ignazitto, Ottavio Imbesi, Francesco Carmelo Messina, Salvatore Puglisi.

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