Io, scrutatore sotto scorta - Live Sicilia

Io, scrutatore sotto scorta

Roberto Immesi, cronista di Livesicilia, ieri era scrutatore al referendum. Ecco il racconto di una giornata particolare.
Le elezioni e la protesta
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3 min di lettura

Sono le tre del pomeriggio, le urne sono state appena chiuse e al seggio della scuola elementare “Angelo Custode” della Guadagna, a Palermo, cominciano le operazioni di spoglio. Noi scrutatori, tre in tutto, contiamo le schede mentre presidente e segretario cominciano a compilare i verbali: sembra tutto tranquillo, quando uno dei poliziotti di servizio alla scuola entra nell’aula e ci chiede se vogliamo essere scortati da una volante per consegnare i plichi contenenti le schede elettorali al centro di raccolta, in piazza Pretoria.

Lì per lì restiamo interdetti, non capiamo perché qualcuno dovrebbe scortarci per compiere un’operazione di rito che si è sempre svolta senza problemi, ma ci viene spiegato che i lavoratori Gesip stanno manifestando senza autorizzazione paralizzando il centro storico. Sostano di fronte Palazzo delle Aquile, vogliono disturbare la consegna dei plichi per protestare contro il mancato arrivo dei soldi da Roma. Accettiamo, convinti che la compagnia di una volante ci permetterà di svicolare meglio nel traffico e fare prima. Continuiamo il nostro lavoro e dopo pochi minuti torna il poliziotto: la scorta non è più semplicemente consigliata, adesso è d’obbligo, la situazione in piazza si è surriscaldata e gli scrutatori dovranno per forza farsi accompagnare dalle forze dell’ordine.

Terminiamo lo scrutinio, prepariamo i plichi e attendiamo l’arrivo della volante. Sono le cinque del pomeriggio.  Ci incamminiamo, percorriamo una strada secondaria e arriviamo a pizza Indipendenza dove la coda è già lunga. L’auto della polizia, accendendo la sirena a intermittenza, riesce a farsi strada e a farci superare anche il posto di blocco dei vigili urbani che in corso Vittorio Emanuele, all’altezza della Cattedrale, impongono di svoltare a sinistra per via Matteo Bonello. Proseguiamo fino ai Quattro Canti, ci accostiamo ma non saliamo i gradini di via Maqueda, i poliziotti ci fanno salire una piccola scalinata che dà sul corso Vittorio Emanuele e ci accompagnano sino in piazza. Qui un vigile ci viene incontro, ci consiglia di fare il giro per evitare di imbatterci un piccolo drappello di lavoratori che parlano in un angolo e ci invita ad affrettarci: l’ingresso non è quello secondario, usato abitualmente, ma quello principale sorvegliato da decine di agenti e sbarrato da due camionette. La piazza è piena, ci sono lavoratori Gesip ovunque.

Entriamo e consegniamo velocemente i plichi, all’uscita alcuni manifestanti ci guardano di traverso, qualcuno grida: “Per loro i soldi li hanno trovati, solo per noi non li hanno”, e giù applausi. Abbiamo fatto relativamente presto, siamo stati fortunati. Il pensiero va ad alcuni amici, anch’essi scrutatori col compito di consegnare i plichi, che chiamo per sapere come va: loro sono stati decisamente meno fortunati. Le volanti non bastano per tutte le sezioni, alcuni scrutatori preferiscono venire da soli e sfidare il traffico pur di non aspettare svariate ore. Qualcuno chiama la centrale, ma un agente sconsolato risponde e non offre speranza, prima che arrivi una pattuglia si farà notte. Chi ha il motore riesce a fare in fretta, chi ha l’auto è costretto a parcheggiare dove capita. Un amico lascia la macchina in una traversa di via Roma, in zona rimozione, e arriva fino a piazza Pretoria portando a mano i plichi, che sono tutto meno che leggeri, ma non è l’unico: il centro di raccolta è ormai una bolgia, alcuni scrutatori vengono lasciati fuori perché ce ne sono troppi dentro, un vociare confuso. All’interno gli impiegati non sono certo di aiuto, avari di informazioni e poco cortesi. All’esterno i lavoratori cominciano ad innervosirsi, cantano cori contro Cammarata, ce l’hanno con tutti, anche con gli scrutatori che, in fondo, stanno facendo solo il proprio mestiere. I manifestanti si accalcano intorno a chi sta in fila, qualcuno prova a strappare dalle mani i plichi, minaccia di dargli fuoco, la tensione è palpabile: fra gli scrutatori c’è chi piange, chi ha attacchi di panico, chi non vede l’ora di tornare a casa e dimenticare in fretta una giornata assurda come questa.

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