I cavalieri dell'Apocalisse - Live Sicilia

I cavalieri dell’Apocalisse

Il disastro Cammarata
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(rp) In una foto d’archivio, il gesto di vittoria di un ridanciano Silvio Berlusconi che alza il braccio di un felice Diego Cammarata. Mal gliene incolse a entrambi. Questo è uno scatto storico, come l’immagine dei cannoli di Cuffaro. Oggi possiamo scriverlo senza timore di smentita. Diego Cammarata è stato il più nefasto primo cittadino della storia recente di Palermo. La sua esperienza politica è assimilabile al passaggio di Attila nel cuore di una landa desolata. Palermo era un deserto. Adesso è un inferno. Non ci scagliamo contro la persona di Cammarata – in certi casi, comodo San Sebastiano delle frecce altrui -. E difenderemo fino alla morte l’uomo che c’è oltre la fascia tricolore. Nessuno torca un capello al sindaco: è uno dei riti barbari di Palermo, la violenza come risoluzione di contese e antipatie. Nessuno sguazzi con attitudine morbosa nella sua vita privata. Il giudizio è pubblico, né possiamo esimerci dal bilancio necessario. Le sindacature di Diego che non era nato per guidare una macchina amministrativa gravata da tali e tanti guai saranno inscritte – anzi lo sono già – nel libro dei disastri memorabili.

Sappiamo che nei luoghi del potere ci sono cartomanti adusi a tirare fuori jolly per ogni evenienza, quando un giornale si permette di prendere una posizione così netta. Statistiche e numeri che ci dimostrano, inesorabilmente, come questa città sia Stoccolma ed è colpa nostra, perché non ce ne siamo accorti. Ci inchiniamo alle cifre, però ci fidiamo di più dei nostri occhi. Il nostro sguardo ci racconta il corpo nudo di Palermo. La Gesip e il ballo tragico delle sue consorelle sono la punta di una montagna di lacrime e sangue. Palermo è sporca, morta, spenta. Attraversata dalle sue munnizze, rinchiusa nel suo cadavere che nemmeno una scossa galvanica potrà a breve rianimare, sfiammata negli ardori saltuari che pure ci furono e che ci portarono a sognare una vita diversa. I sogni ai palermitani non vanno più. Governa il sussurro della pentola. La fame è sempre compagna del disastro. E’ lei che appone la firma sul certificato del decesso di una comunità.

Naturalmente questo sfacelo chiama in causa una nutrita schiera di responsabili. Anche un’opposizione che non ha mai saputo porgere al popolo un’alternativa reale. Tuttavia – anche se il marketing elettoralistico tende a coprirlo – siamo al cospetto di un fallimento che ha una paternità politica precisa. E’ una sconfitta di centrodestra. Il punto è che non ci sono all’orizzonte personalità tali da farci sperare nel riscatto necessario. Ha perso Palermo.


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