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Liberiamo anche Palermo

Dopo Milano e Napoli...
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Palermo non ha bisogno di essere liberata da un sindaco. Palermo va liberata da se stessa. L’esperienza amministrativa di Diego Camarata è stata infelice. Ma qual è stata la municipalità felice? Forse la prima parte della sindacatura di Leoluca Orlando. Le amministrazioni infelici sono la regola, non l’eccezione.
I fogli dei giornali volteggiano al soffio del vento del cambiamento di cui si scrive e si parla. La mutazione – qualunque sia il giudizio – c’è stata. Roccaforti simboliche come Milano e Napoli hanno voltato pagina. Bisogna vedere se i candidati Pisapia e De Magistris saranno altrettanto bravi come sindaci. Però è indubbio che rappresentino un segno di discontinuità.

Anche Palermo avverte la necessità fisica di bruciarsi alle spalle la roba di troppi anni vecchi. Un falò per annullare le proprie vetuste e orrende abitudini. La più orrenda: l’inclinazione a non occuparsi del proprio corpo, che per una città sono i luoghi in cui i cittadini vivono. L’incuria non è solo una piaga dell’amministrazione pro tempore. E’ un tratto distintivo del residente medio che non ha mai considerato lo spazio pubblico come un patrimonio da difendere. Il risultato? La nostra città è una donna malvissuta. Una serie di curve e di rampe che salgono veloci incontro alla nausea. Noi ci mettiamo l’assuefazione. Munnizza nei cassonetti e nel cuore. E non ci importa più.

Qualche giorno fa, Tommaso Dragotto, un imprenditore, ha chiamato una discreta folla al cinema Golden per raccontarci, con immagini e proteste, la Palermo che è e la Palermo che potremmo avere. Le singole porcherie non ci fanno più effetto. Tuttavia, l’assemblaggio di tante tessere brutte in un bruttissimo mosaico è stato un pugno nello stomaco. I ragazzi che hanno organizzato l’iniziativa sono stati bravi a cogliere la foto d’insieme. Un buon antidoto contro l’assuefazione. Questo Dragotto sta simpatico ad alcuni e antipaticissimo ad altri. Non diamo giudizi. In un certo senso – dobbiamo riconoscerlo – ci ha indicato una strada utile. Palermo si salverà solo se la sua resurrezione diventerà la magnifica ossessione di ognuno di noi. Altrimenti è già condannata, ammesso e non concesso che si faccia ancora in tempo a rinascere. Nei prossimi giorni, racconteremo dieci storie palermitane, dolci o amare. Sarà il nostro modo per contribuire alla memoria di noi stessi.

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