Gesip, storia di un carrozzone | Da Jimmy Fontana alle clientele - Live Sicilia

Gesip, storia di un carrozzone | Da Jimmy Fontana alle clientele

L'inchiesta
di
7 min di lettura

Avanzamenti di carriera indiscriminati, assunzioni clientelari, inchieste giudiziarie, privilegi, bonus ad personam e perfino un’esibizione di Jimmy Fontana. C’è di tutto e di più nell’incredibile storia della Gesip, la società partecipata del Comune di Palermo al centro di un tavolo interministeriale romano che dovrà assicurare il futuro di 1746 lavoratori. Dieci anni di gestione a cuor leggero, che hanno portato al fallimento l’azienda divenuta col tempo un feudo di tanti, dicono soprattutto dell’Udc, e che oggi rappresenta l’emergenza con cui l’amministrazione Cammarata deve fare i conti.

La Gesip, ad oggi, grazie ai pensionamenti è passata da quasi 2000 dipendenti a 1746, per un costo totale di 70 milioni di euro l’anno, se si considera anche la società satellite Gesip servizi che da sola ne costa dieci. Il contratto di servizio con suo il socio unico, ovvero il Comune di Palermo, le affida numerosi compiti che vanno dalla pulizia delle scuole e degli edifici comunali al servizio di portierato, dalla cura del verde all’accompagnamento dei disabili, passando per l’animazione della Città dei ragazzi e i servizi cimiteriali. Un esercito di operai al servizio della città che produce, però, da anni una perdita netta di 800.000 euro al mese. Il commissario liquidatore Massimo Primavera, al tempo stesso amministratore unico della seconda partecipata della Gesip, la Spo, lo scorso anno ha firmato un nuovo contratto di servizio con il Comune per 52 milioni, ben 11 in meno di quanto richiesti da via Maggiore Toselli, che è scaduto a dicembre del 2010 e che in teoria avrebbe dovuto azzerare le perdite. Da lì la decisione del liquidatore di prolungarlo fino ad aprile e la necessità che il consiglio comunale il primo maggio votasse una nuova convenzione, che nei fatti ricalca in tutto e per tutto la precedente.

Ma la Gesip non ha sempre navigato in cattive acque. Chi sedeva a Sala delle Lapidi nel primo mandato di Cammarata, ricorda ancora l’agenda in pelle firmata Gesip regalata a tutti e 50 gli inquilini di Palazzo delle Aquile. Oppure lo spettacolo di sponsorizzazione con l’esibizione di numerosi artisti palermitani e del famoso cantante Jimmy Fontana, che sulle note de “Il mondo” avrebbe dovuto convincere potenziali investitori privati ad acquistare la Gesip. Sì, perché l’azienda di via Maggiore Toselli era nata proprio per essere messa sul mercato e formare operai specializzati nella fornitura di servizi che facessero gola a qualche imprenditore. Cosa che poi non riuscì.

La Gesip, ovvero Gestione servizi impianti pubblici Palermo s.p.a., nasce nel 2001 con l’allora commissario straordinario al comune di Palermo Guglielmo Serio. Leoluca Orlando ha da poco lasciato la poltrona di primo cittadino per sfidare alle regionali Totò Cuffaro e il capoluogo siciliano viene affidato all’ex presidente del Tar, che si ritrova con 7.000 lsu, per la maggior parte provenienti dalle cooperative sociali per il reinserimento di soggetti svantaggiati, fra cui gli ex detenuti, che chiedono a gran voce di essere stabilizzati. I lavoratori socialmente utili rappresentano un bacino di voti non indifferente e soprattutto una gatta da pelare per la classe politica cittadina, che sotto pressione della piazza decide di internalizzarne una parte e di sistemare il restante nelle società ex municipalizzate come l’Amia, arrivando addirittura a crearne una di sana pianta avvalendosi di alcuni incentivi previsti dalla normativa nazionale per lo start-up di nuove attività imprenditoriali.

Al momento della sua nascita, la Gesip conta 1.500 dipendenti provenienti per la maggior parte dalle cooperative sociali ma che comprendono anche il personale in mobilità di alcune aziende fallite. La società è al 51% del Comune di Palermo e al 49% di Italia Lavoro s.p.a., agenzia del ministero del Lavoro che supporta gli enti locali nella gestione degli lsu. Il progetto originario prevede che l’azienda si specializzi nella fornitura di servizi e che poi vada sul mercato, permettendo l’inserimento nel mondo del lavoro dei suoi dipendenti. Inizialmente le cose vanno bene, anche grazie a specifiche leggi che per i primi tre anni prevedono contributi sostanziosi per lo start-up e agevolazioni sugli oneri contributivi dei lavoratori. Talmente bene che nel 2005 il Comune, dimenticando di dover vendere la società a privati, decide di inserire in Gesip altri 455 lavoratori di cui 350 ex lsu con il sovvenzionamento di fondi di un progetto specifico del governo nazionale affidato ad Italia Lavoro, e altri 105 ex giardinieri ed ex ausiliari di supporto ai disabili convogliati nella partecipata Gesip servizi, per un totale di quasi 2000 dipendenti.
E qui nasce il problema: dopo tre anni, infatti, le agevolazioni statali dei primi 1.500 terminano comportando un improvviso aumento dei costi, al quale si aggiungono le nuove spese per i 455 lavoratori che fanno lievitare gradualmente il fabbisogno di liquidità dell’azienda.

La Gesip, ovviamente, appesantita da nuovi lavoratori e caratterizzata da una scarsa produttività non attira alcun investitore privato e rimane fino al 2007 di proprietà del Comune e di Italia Lavoro. Nel marzo del 2007, infatti, l’agenzia del ministero del Lavoro cede le sue quote all’amministrazione comunale, che diventa così proprietaria unica di Gesip, portandosi a casa un utile di quattro milioni di euro e altrettanti ne intasca il Comune. Ma la situazione di Gesip continua ad aggravarsi, perché scadono le agevolazioni anche per i 455 lavoratori inseriti nel 2005 e i costi aumentano sempre di più a fronte di un contratto di servizio col Comune che non viene mai adeguato: Palazzo delle Aquile versa infatti 53 milioni l’anno, iva compresa, contro i 61 milioni richiesti (anche se, dicono fonti dell’azienda, ne servirebbe 70).

Dal 2007 l’azienda produce una perdita di 800.000 euro al mese, più di dieci milioni l’anno, che corrisponde al costo dei 455 lavoratori inseriti nel 2005. Conti alla mano, in via Maggiore Toselli ben il 95% delle entrate viene impiegato per il pagamento degli stipendi. Come se non bastasse, tutta una serie di premialità, bonus e indennità accordati negli anni ai lavoratori divengono permanenti, cui vanno aggiunti scatti di anzianità e promozioni di massa che mandano in dissesto i conti dell’azienda. Ma la Gesip balza agli onori della cronaca anche per alcuni scandali, che hanno per protagonisti proprio alcuni suoi operai: da quello che dovrebbe essere in servizio e invece vende panelle davanti a una scuola, all’altro che pur risultando regolarmente sul posto di lavoro fa lo skipper per il sindaco. Vicenda portata alla luce da “Striscia la Notizia” e che costa un procedimento giudiziario, tutt’ora in corso, per Cammarata e i dirigenti della Gesip.

La situazione diventa insostenibile e porta il presidente Pippo Enea, nel maggio del 2010, a battere i pugni sul tavolo: o il Comune adegua il contratto di servizio e permette a Gesip di sopravvivere, oppure si dichiara la bancarotta dal momento che si continua a produrre debiti. Le ipotesi per uscire dalla crisi sono tante: dal licenziamento di oltre 400 lavoratori alla riduzione del 20% del’orario di lavoro, fino alla donazione di immobili comunali che permetterebbero di aumentare il capitale sociale. Cammarata vorrebbe anche aumentare la Tarsu e utilizzarne gli introiti per salvare l’azienda, ma il consiglio comunale gli boccia il progetto e Enea porta i libri in tribunale. Il sindaco nomina commissario liquidatore l’ex prefetto Piero Mattei, che non riesce però a risolvere le criticità e a predisporre un piano per il risanamento e la salvaguardia dei posti di lavoro (in 102 saranno messi in mobilità), arrivando a rifiutarsi di firmare il nuovo contratto di servizio che non prevede l’adeguamento economico richiesto, e il primo cittadino è costretto a sostituirlo con Massimo Primavera, che accetta di firmare un contratto in perdita.

Altro discorso andrebbe fatto per le due partecipate, Gesip servizi e Spo. Secondo alcuni, le società per legge andrebbero accorpate all’azienda madre, secondo altri no dal momento che svolgono servizi non per conto terzi ma sempre per il comune. In realtà, l’amministrazione vorrebbe comunque far assorbire Gesip servizi da Gesip, ma al momento mancano i soldi per un’operazione del genere. La Spo, invece, dovrebbe essere messa in liquidazione da oltre un anno ma la procedura, inspiegabilmente, non è mai stata avviata.

Adesso toccherà al governo trovare una soluzione alla vicenda, con il tavolo interministeriale al quale parteciperà anche il sindaco di Palermo. Fra le ipotesi attualmente al vaglio c’è anche quella dell’internalizzazione dei lavoratori al Comune di Palermo, che permetterebbe di risparmiare circa 10 milioni di iva ogni anno, almeno fino al 2013 quando entrerà in vigore il federalismo fiscale. Un’opzione all’apparenza conveniente ma che farebbe a pugni con il progetto iniziale, che voleva la creazione di una società che andasse sul mercato, e che permetterebbe al Comune di Palermo di fare il doppio gioco ai danni dello Stato: prima riceve i soldi per l’avvio di un’attività imprenditoriale privata e dopo dieci anni decide di internalizzare tutto per non pagare l’iva. Con buona pace dei conti pubblici.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI