Ciancimino e la guerra delle procure - Live Sicilia

Ciancimino e la guerra delle procure

Lari accusa, Messineo risponde
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Si scrive conflitto di competenza ma si legge guerra fra due procure. Quelle di Caltanissetta e Palermo. I pubblici ministeri nisseni sono pronti a chiedere l’intervento della procura generale della Cassazione. Si sentono scippati dell’inchiesta che ha portato all’arresto, per calunnia, di Massimo Ciancimino. Un arresto chiesto e ottenuto dalla procura palermitana. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo ha falsificato un documento consegnato ai magistrati del capoluogo siciliano inserendo il nome dell’ex capo della polizia, Gianni De Gennaro, in una lista di servitori infedeli dello Stato attribuita a don Vito Ciancimino.

Episodio diverso, ma reato uguale a quello per cui Ciancimino jr, l’anno scorso, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Caltanissetta che gli contestava di aver accostato il nome del superpoliziotto a quello del signor Franco, il fantomatico agente dei servizi segreti che avrebbe fatto da regista nella presunta trattativa fra la mafia e pezzi dello Stato durante la stagione delle stragi. Sergio Lari (nella foto), che guida la procura di Caltanissetta, va giù duro. Dalle colonne di Repubblica e del Corriere della Sera dice “Non capisco come all’improvviso siano diventati competenti i colleghi di Palermo, esprimo tutto il mio sconcerto per questa vicenda. La questione sarà affrontata nelle sedi competenti”. Il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, risponde per le rime: “La Procura di Palermo si è sempre comportata secondo il principio di leale collaborazione tra i due uffici, che è un principio essenziale. Con la Procura di Caltanissetta abbiamo compiuto numerosi atti congiunti, ci siamo sempre scambiati i documenti e abbiamo tenuto numerose riunioni di coordinamento. Quindi, credo che non ci sia nulla nel passato che possa portare a una valutazione di slealtà”.

Poi, aggiunge: “Per quanto riguarda l’ultimo episodio, cioè il fermo di Massimo Ciancimino faccio notare che il reato per il quale noi stiamo procedendo non è lo stesso reato per il quale procede la Procura di Caltanissetta. È lo stesso titolo di reato, cioè la calunnia pluriaggravata, ma non è lo stesso reato. Mi riesce poco chiaro che si possa ipotizzare che non avevamo il diritto di procedere nei confronti di Ciancimino. Lo contro è aperto e il conflitto di competenza alle porte. Le parole di Messineo sono fin troppo chiare: ”E’ previsto anche dal codice di procedura penale e non è equiparabile ad uno scontro armato. E’ piuttosto un confronto di carattere giuridico su temi di carattere normativo. Insomma, abbiamo dissensi su un’inchiesta. E questo è legittimo. Quando questo dissenso riguarderà la competenza verrà risolto nelle sedi opportune. Il consenso su tutto sarebbe noioso”.

Il consenso, è proprio questo il nocciolo della questione. L’arresto di Ciancimino è solo l’epilogo di una diversa valutazione, chiamiamola così, del testimone. Ancora Lari: “Di certo l’opinione pubblica più intelligente sa bene quale Procura abbia espresso per prima dubbi sull’attendibilità di Ciancimino. Mi fa piacere che adesso anche la procura di Palermo sia arrivata alla nostre posizioni”. Ed è su questo fronte che il conflitto si fa ancora più aspro. Perché se è vero che Palermo ha mandato in carcere Ciancimino consegnando all’opinione pubblica la figura di un testimone inaffidabile, gli stessi pm Antonio Ingroia, Antonino Di Matteo e Paolo Guido hanno chiesto di tenere Ciancimino in isolamento. Le sue due dichiarazioni lo espongono a rischi. Come dire, ha mentito in questa circostanza, ma ha detto la verità in tante altre occasione. Tutte riscontrate. La collaborazione di Massimo Ciancimino non può finire per intero nella spazzatura.


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