Ai Candelai in scena| I Vecchi e i Vastasi - Live Sicilia

Ai Candelai in scena| I Vecchi e i Vastasi

Ai Candelai di Palermo mercoledì 13 e giovedì 14 aprile 2011 alle 20,30, per la nona edizione di Quinte(S)senza, la rassegna di teatro e danza a cura di Giuseppe Cutino e Alessandra Luberti, c’è “V (Vecchi e Vastasi)” di Cristina Coltelli e Daniele Tommasi, da un’idea di Cristina Coltelli che firma anche la regia.

Lo spettacolo proposto da Herlaking, vede in scena Marcella Colaianni e Cristina Coltelli, e si avvale della collaborazione straordinaria di Angelo Ruoppolo. Maschere Finbarr Ryan. Musiche a cura di Antonio Guida. Luci Daniele Collura. Fonica Ciro Battaglia.

“Vastaso” in dialetto siciliano vuol dire “uomo rozzo, non educato, facchino”. Nel corso dei tempi i siciliani ne hanno creato delle varianti a seconda della gravità della colpa: Vastaseddu, Vastasunazzu o Gran Vastasunazzo che sembra quasi un titolo di alta responsabilità all’interno di una setta massonica rurale. L’accezione è certamente negativa, tuttavia questo non impedì nel corso del ‘700, di battezzare col nome di Vastasate una particolare forma di rappresentazione teatrale diretta discendente (nella forma, nell’uso dei tipi fissi) dei Canovacci di Commedia dell’Arte classica.

Il Vastaso è dunque deprecabile, in termini di ordine costituito, ma diviene specchio grottesco dell’umanità quando incontra la rappresentazione pubblica popolare, così come i buffoni, i fool, gli zanni e tutto il loro sconfinato repertorio di “oscenità”.

I personaggi di “V (Vecchi e Vastasi)”, liberamente ispirati alla prima scena del secondo atto di “San Giovanni Decollato” di Nino Martoglio, sono archetipi esagerati, sempre uguali a se stessi, ma sempre attuali come può esserlo uno specchio dell’anima. E per scrivere la loro storia, sono state usate le maschere e soprattutto le tecniche della Commedia dell’Arte classica, così come la stessa scrittura di Martoglio suggerisce.

Il mondo dei due vecchietti si snoda tra lazzi e tormentoni surreali, buffi e rassicuranti a volte, spiazzanti e senza pietà altre, con l’apporto di quello straordinario strumento di linguaggio che è la maschera che va a toccare corde antiche e che opera sui sensi prima ancora che sull’intelletto.

“Lo spettacolo – dice Cristina Coltelli – vuole essere un racconto su cosa ne facciamo di noi stessi, come ci trasformiamo, cosa ci perdiamo per strada fino a svegliarci una mattina con un corpo diverso, sconosciuto, ma anche diversi dentro. Vecchi e Vastasi, eterni Adamo ed Eva in cerca di un “paradiso” che non siamo capaci di goderci. È un racconto sull’incapacità di comunicazione, in un’epoca in cui siamo sempre concentrati su ‘qualcos’altro’. È un racconto sulle strategie che l’uomo usa, o cerca di usare, per uscire da questo circolo vizioso, per trovare un riscatto e chissà, magari anche l’amore perduto”.

«Il testo di “Vecchi e Vastasi” – spiega Coltelli – è nato per essere interpretato da un’attrice e un attore. Una donna e un uomo. Ogni scena è stata pensata, scritta e disegnata seguendo i diversi modi di porsi del maschile e del femminile all’interno di un universo chiuso e grottesco che dalla farsa pura scivola nell’assurdo. Purtroppo (o per fortuna) ad una settimana dal debutto, l’attore incaricato di interpretare il ruolo maschile ha dato forfait. Ci siamo, dunque, trovati di fronte ad un’emergenza che richiedeva una sostituzione non solo immediata, ma anche competente e che, soprattutto, rispettasse e rendesse l’idea originaria. Ed ecco che il testo scritto per un uomo e una donna sarà interpretato, nella sua scrittura finale, da due donne: Marcella e da me (autrice e regista), aggiungendo alla narrazione una sfida d’attore classica della Commedia dell’Arte: la trasformazione del corpo a servizio della maschera, laddove l’attore si fa strumento al servizio della narrazione, oltre ogni distinzione di “genere”».


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