Sex e politica ai tempi di Ruby - Live Sicilia

Sex e politica ai tempi di Ruby

Non solo Silvio, pure in Sicilia...
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Il tenero Miccichè è troppo tenero e ingenuo. Se non fosse tanto tenero, non si meraviglierebbe così teneramente dell’affare Ruby – gigantografia dell’epoca a precindere dalla copula effettiva o non – del clamore mediatico, e dei giudici cattivi, in agguato sulla strada di Silvio-Cappuccetto Azzurro. Saprebbe, Gianfranco, che la politica – proprio ai tempi di Silvio – è un’ammucchiata in senso tecnico, anche in Sicilia, al netto di riflessi penali (giuridici, eh…) di cui nulla sappiamo e di cui niente ci interessa. E’ che, ineluttabilmente, il modello di riferimento di quell’universo onorevolissino e maschilista è la “fimmina”, intesa nel suo utilizzo finale pecoreccio, alla Edwige Fenech nei filmetti: tette al vento e sicura disponibilità. Ne abbiamo sentito, in anni di cronache, di storielle pruriginose del bosco dei palazzi del potere che voi umani sapreste immaginare benissimo. Storie erotiche che i giornalisti si tramandano, sotto voce, con un lazzo e un risolino, al passaggio di questo o di quello.

 Esempi? Si narra, nei corridoi, di un siculo politico che, magnificando le sorti del Viagra, l’avrebbe lodato assai con i suoi collaboratori, asserendo che, grazie a tale portentoso additivo, non solo comandare è meglio che ehm ehm… Di più: usando il bonus viagresco,  comandare è come ehm ehm con l’attrezzo di piacere di un pornostar, perché “te ne sbatti financo tre a notte”. E che dire dell’altro di cui si dice maliziosamente che mandasse in avanscoperta i suoi bravi, a ogni missione, con la paterna raccomandazione di preparargli il terreno, razzolando prostitute qua è la. “E che siano bottane”, era la querula e ardente raccomandazione. Le ragazze Candy Candy con un’ombra di perbenismo anche taroccato venivano immancabilmente scartate. Troppo poco Ruby. Di cose così, tutte siciliane, di amplessi con l’addetta stampa, con la segretaria, con l’impiegata, millanta il cronista ne sa. E sempre apprese de relato.

Notizie d’oro colato, sciocchezze, trame goderecce presunte, vere o verosimili? Non sapremmo certificarlo. Ma sono racconti che circolano liberamente a Palazzo, liberissima mercè della generale ilarità. I politici se li scambiano come le figurine Panini, nell’intimità della pausa pranzo. E se ne inorgogliscono, ne vanno fieri. Dunque, alla fine poco importa che siano vicende scolpite nel marmo o mai avvenute erezioni di uomini in sospetto di Viagra. Conta quel tanto di “zozzoneria percepita”. E’ vincolante l’immagine privata che la categoria degli onorevolissimi offre di sé, nello schiumare di grasse risate e pacche sulle spalle. Si coglie l’esibizione di un codice assoluto e maschile, in cui la donna è soprammobile, mero alambicco deputato (è il caso di scriverlo) al sollazzo del re. Anzi, la donna non c’è nemmeno: c’è l’amante, la “bottana”, la Ruby di turno. E non c’è più neanche l’antica battaglia di senso. Non c’è l’eterno dilemma, il rovello su cosa sia meglio, alla fine. Identico è l’atto, in chiave meccanica e filosofica. Qui comandare significa propriamente fottere.

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