La "scalata" di Vincenzo Aiello - Live Sicilia

La “scalata” di Vincenzo Aiello

di CLELIA COPPONE Il nome non è di quelli che dicono molto alle orecchie poco allenate alle cronache giudiziarie. Del resto Vincenzo Aiello è sempre stato un personaggio che ha lavorato dietro le quinte, defilato ma onnipresente nei momenti più salienti che hanno puntellato  passato e presente della famiglia catanese di Cosa nostra anche perché per anni ha fatto da autista all’ambasciatore del clan Santapaola, colui che si occupava dei rapporti diplomatici e di tessere alleanze con la “casa madre” palermitana.
L'indagine sul governatore
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Vincenzo Aiello

Vincenzo Aiello

di CLELIA COPPONE Il nome non è di quelli che dicono molto alle orecchie poco allenate alle cronache giudiziarie. Del resto Vincenzo Aiello è sempre stato un personaggio che ha lavorato dietro le quinte, defilato ma onnipresente nei momenti più salienti che hanno puntellato  passato e presente della famiglia catanese di Cosa nostra anche perché per anni ha fatto da autista all’ambasciatore del clan Santapaola, colui che si occupava dei rapporti diplomatici e di tessere alleanze con la “casa madre” palermitana. Ora è coinvolto nelle indagini sul governatore.
Non a caso i collaboratori di giustizia raccontano che Aiello, che gli investigatori definiscono come storico uomo di fiducia del “capo dei capi” catanese Benedetto  Santapaola, già nel lontano 1992 faceva parte della delegazione che partecipò al vertice  con gli esponenti di punta della corrente oltranzista corleonese (Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella e Nino Gioè)  per decretare l’affiliazione alla famiglia Santapaola di Santo Mazzei u carcagnusu, uomo d’onore con la benedizione di Bagarella nel ruolo di padrino. E la conferma del suo ruolo all’interno della “famiglia” arriva anche dagli atti di un’indagine parlamentare di quegli anni: “Aiello – si legge nel documento – mantenne stretti rapporti con numerosi esponenti corleonesi coinvolti nella strage di Capaci, e tra costoro in particolare, con Antonino Gioè – suicidatosi in circostanze misteriose mentre si trovava detenuto – e con Pietro Rampulla e Gioacchino La Barbera. Quest’ultimo, poi divenuto collaboratore di giustizia, confermava quanto salda e duratura nel tempo fosse l’alleanza tra i corleonesi e la compagine guidata dal Santapaola”.
C’è chi definisce Enzo Aiello il nuovo capo dei Santapaola. Ma è roba antica di quasi vent’anni. Pare che sia stato lo stesso zio Nitto a conferirgli la corona di regnante dopo il suo arresto il 18 maggio del 1993 nelle campagne di Mazzarrone. L’esperienza però era destinata a durare poco. I guai giudiziari erano alle porte e bussarono di lì a poco.  Nell’agosto del 1994, dopo otto mesi di latitanza, fu arrestato nell’ambito del maxiblitz “Orsa Maggiore”, la più importante inchiesta antimafia che si era registrata fino a quel momento a Catania e dintorni, destinata a svelare i segreti della criminalità organizzata all’ombra dell’Etna.
Da circa sei mesi Aiello è di nuovo in carcere. I carabinieri lo hanno arrestato lo scorso 8 ottobre in una villetta nelle campagne di San Pietro Clarenza, dove si stava svolgendo un summit mafioso capeggiato dal presunto reggente della famiglia catanese, Santo La Causa, inserito nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia. Durante quel vertice, sostengono gli inquirenti, il gotha del clan Santapaola stava discutendo le nuove strategie per rispondere all’ascesa del clan Cappello.


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