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Tutti gli uomini del boss Falsone

Agrigento, arresti dei carabinieri
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Ferdinando Bonanno era il re degli Eurospin siciliani ed è finito in carcere. Per lui l’accusa è di associazione per delinquere di stampo mafioso. Bonanno avrebbe fiancheggiato il boss superlatitante, Giuseppe Falsone, in un grosso giro di soldi legati alla mafia della grande distribuzione. La fitta rete di punti vendita di Eurospin siciliani, infatti, stando alla ricostruzione degli inquirenti, sarebbe stata messa su con il placet della mafia. Ad Agrigento, poi, nella grande distribuzione, Falsone avrebbe avuto mire tali da fare concorrenza all’altro magnate dei supermercati, il boss Matteo Messina Denaro. Un progetto ambizioso che avrebbe puntato ad allargare il numero di supermercati della catena low cost, con un fil rouge, che avrebbe legato Bonanno a nome noto della mafia, quello di Enzo Aiello. Bonanno non è stato il solo a finire in manette, con lui altri sette indagati, nomi vecchi e nuovi di Cosa nostra agrigentina, uomini legati all’imprenditoria e tutti presunti “colonnelli” del superlatitante di Campobello di Licata.

A mettere a segno il blitz Apocalisse sono stati i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Palermo, insieme con quelli del Reparto operativo di Agrigento, diretti dal maggiore Salvo Leotta. Un’indagine – coordinata dalla DDA di Palermo, con i pm Asaro e Fici e con l’aggiunto Teresi e che si è intersecata tra l’agrigentino e Catania – dove è stato arrestato Bonanno. Arresti e sequestri di imprese, per il valore di oltre trenta milioni di Euro. Un affare complesso, intrecciato, tra le altre, con le trame dell’ecomafia.
Nel mirino degli inquirenti, infatti, è finita anche la mega discarica di Campobello di Licata, che esiste da un ventennio e che, a detta delle fonti investigative, sarebbe stata mal gestita, ad alto rischio ambientale e utilizzata come copertura per ingenti affari gestiti di fatto dalla mafia. Non basta, nell’inchiesta finiscono anche i lavori della SS 640 – tenu ti sott’occhio da mesi da un lavoro di intelligence interforze – con il sequestro di una delle imprese coinvolte nel progetto, quella riconducibile a Diego Gioacchino Lo Giudice, finito anch’egli in manette sempre con l’accusa di associazione mafiosa.

Nell’indagine tutti progetti a sei zeri, che da tempo rafforzavano il tesoro economico e di potenziali della mafia agrigentina, favorendo la costante ascesa di Falsone. L’interessamento di Falsone nella mafia della grande distribuzione sarebbe, però, passato – all’origine – per il tramite di Bernardo Provenzano. Falsone si sarebbe servito di una corrispondenza epistolare, a mezzo pizzino, per chiedere il permesso a Provenzano di “avviare” gli affari nella grande distribuzione – Eurospin – ferma restando la volontà del boss di non intralciare i progetti di Messina Denaro con la Despar.

Nell’operazione Apocalisse è finito anche un altro nome noto della mafia agrigentina, Giancarlo Buggea, che sconta in carcere una condanna a dieci anni e che era finito in manette nell’operazione Anaconda insieme con il suocero, Calogero Gueli, ex sindaco di Campobello di Licata – assolto in primo grado dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

“Falsone è un latitante che ha tutte le caratteristiche del boss di prima grandezza – dice il procuratore aggiunto Vittorio Teresi, nel corso della conferenza stampa”. E forse lo stesso Falsone è sfuggito per un pelo agli inquirenti, che lo cercano ormai da dieci anni. “Gli abbiamo dato un colpo mortale – prosegue Teresi -. Colpire il tesoro dei boss, significa togliere loro la linfa necessaria per continuare nel loro operato”.


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