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Chi di Catania ferisce | di Catania perisce

Zenga e gli etnei doc
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Inutile negarlo, i catanesi non sono per nulla dispiaciuti per la mala fine, sportiva, che ha fatto Walter Zenga. No, quell’addio più volte annunziato e stiracchiato per settimane della scorsa stagione non andò giù né al tifoso e nemmeno al più compassato degli osservatori. Vero è che esistono illustri esempi di gente che lascia all’apice del successo e si ritira in dorato esilio, però non era certo il caso di Walter Zenga che a Catania aveva sì ottenuto un buon successo, ma non ancora l’apice. E allora questa smania manifesta, quello smoccolare mezze frasi, quel nervosismo crescente veramente parevano un gioco dei pazzi o delle tre carte. Non ci credeva nessuno che Zenga stava per lasciare veramente: una scelta immotivata e sbagliata.
Sì, proprio sbagliata, recitava l’opinione popolare. E questo popolo catanese di infedeli, opportunisti, saltafossi, faccioli, sperti e spacchiosi, falsi ed arrivisti da lui non se la sarebbe mai aspettata. Perché lui nell’immaginario collettivo era diventato una sorta di Cavaliere senza macchia e senza paura, un eroe da farci la statua in vita come quelle di Garibaldi o Bellini in via Etnea e piazza Stesicoro.
Il catanese infedele che insulta in vita Angelo Massimimo e poi lo osanna in morte, che eleva o abbatte i propri eroi sulla scia del trasformismo storico impersonificato dal Vicerè Consalvo Udeza, rovescio della medaglia del Principe di Salina. Che esalta personaggi contemporanei come Enzo Bianco ed Umberto Scapagnini salvo poi ad abbatterli con la frase passepartout: “Tutti i stissi, sunu”.
Lui non sembrava di questa pasta: appariva tutto d’un pezzo nelle sue sfuriate, e nelle sue campagne, nei litigi coi mass media e nelle puntate contro gli arbitri. Un eroe controcorrente audace e coraggioso perfino a sfidare le intemperie, a superare le burrasche. Un Condottiero che stava riscattando le mortificazioni ed i complessi di una città esagerata e sguaiata, sopravvalutata parvenza di metropoli che non è né carne né pesce, né capitale e nemmeno provincia.
La presenza di Walter Zenga a Catania travalicò gli stessi risultati sportivi, che pure arrivarono lo scorso anno e copiosi: 43 punti, record assoluto in serie A per i rossazzurri, salvezza anticipata di ben 9 turni e anzi qualche rimpianto per non aver osato di più.
E non è qui che si colloca l’irresistibile ascesa e l’altrettanto irrefrenabile frenata dell’uomo Zenga ? Avrebbe potuto saltare il fosso e diventare un mister da categoria 1SUPER se solo avesse spinto il Catania oltre la cordicella di una salvezza dignitosa. Come – mi soccorrono gli sportivi – un Del Neri, o uno Spalletti. E chi l’avrebbe fermato più ?
E invece come un onesto scalatore che punta alla tappa e non al Tour de France, che svetta sui Pirenei ma non sulle Alpi, si fermò e s’accontentò. Perché non osò scalare la montagna, giungere primo sullo Stelvio o sul Mont Ventoux ?
L’ambizioso sa che deve rischiare. E invece, nonostante l’aspetto da guascone e il piglio da spavaldo, s’arrestò ai piedi della salita per aspettare il gruppone.
A compito svolto, comunicò, pure questo abbondantemente ed esageratamente in anticipo, che se ne sarebbe andato.
Perché mai ? Se l’ambiente lo adorava e l’idillio con la città sfiorava cime mai raggiunte ? Sol perché Pulvirenti non gli garantiva la squadra da competizione, oppure perché, orrendo pensarlo e nessuno sul momento osò, altrove guadagnato di più ?
Ma come, l’Eroe, il Condottier, il Captain, my captain dell’”Attimo fuggente”, che qui era stato accolto e capito e che da Catania sentenziava in tutta Italia e tutti lo cercavano e gli dicevano come fosse bravo e bello, proprio lui va via per denar, il vil denar.
Ahi tradimento ! Delusione cocente ! Il Mito crollò e si dileguò. A quel punto, Palermo o Udine per la gente di Catania sarebbe stato uguale.
“Così impara”, è il salace commento unanime dal Porto al Tondo Gioeni, dal viale al Tondicello della Playa. E qualcuno raffinatamente si leva qualche sassolino, come la solidarietà inviata stamane dal direttore del Calcio Catania Pietro Lo Monaco al suo ex. Una raffinatezza shakespeariana, degna del fazzoletto di Jago a Desdemona.

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